Non ci stancheremo mai di ripetere che qui a Eurologos-Milano facciamo della localizzazione di contenuti il nostro cavallo di battaglia. Nella traduzione di testi commerciali è infatti fondamentale tradurre tenendo conto delle accezioni e dei modi di dire tipici del paese, o addirittura della regione, di destinazione. Ma esistono anche altri tipi di adattamenti linguistici nelle traduzioni, particolarmente in quelle letterarie e creative.

La lingua dei giovani rappresenta un ottimo esempio di come il registro linguistico sia una variabile estremamente significativa in una traduzione di qualità. Il linguaggio utilizzato da ragazzi e adolescenti non è tuttavia da considerarsi una lingua o un gergo in quanto tale, come possono esserlo quello mafioso o quello di certi settori lavorativi, ma semplicemente una variante della lingua italiana. Come spiega Franca Cavagnoli, pluripremiata traduttrice letteraria, la lingua dei giovani “ha un carattere ludico, la si impiega in contesti non impegnativi. Ed è, a differenza dei gerghi propriamente detti, transitoria, in uso in determinate fasce d’età – per questo invecchia presto.”

Alberto A. Sobrero, ordinario di Linguistica italiana alla Facoltà di lingue dell’Università del Salento, chiamandola giovanilese, definisce la lingua dei giovani “quella varietà basata sull’italiano comune ma smozzicata, semplificata e multistrato, nella quale troviamo pezzi di gergo giovanile, pezzi di italiano scolastico, pezzi di lingua dello sport, della pubblicità, dei talk show, giustapposti e riordinati secondo regole che a noi adulti quasi sempre sfuggono. Sono due ‘italiani’ lontani dallo standard a cui di solito si punta, ma non sono la stessa cosa. E, ovviamente, ci sono varietà intermedie, il cui uso è variamente distribuito nella popolazione giovanile.”

La strategia traduttiva è quindi molto importante quando si va a dar voce a un giovane. Bisogna creare un flusso narrativo autentico per il personaggio, attingendo a tutte le risorse della lingua parlata, alla ridondanza e ai surplus informativi tipici dell’oralità. Un lavoro in cui la sintassi è forse più importante del lessico.

Questa tematica in parte rimanda al nostro articolo, “Ah, ma una volta sola non bastava?”, incentrato sulle ritraduzioni in campo editoriale, poiché la scelta di ritradurre un libro è legata, oltre che all’evoluzione delle teorie e prassi traduttive, all’evoluzione della lingua tout court. E quale gruppo di parlanti, se non quello dei più giovani, è più propenso ad assorbire o addirittura a innescare i cambiamenti linguistici? Come afferma Sobrero, “la sintassi sincopata e fratta delle chat, le notazioni tachigrafiche e ideografiche degli sms, le oscillazioni estreme dell’italiano delle e-mail sono solo in apparenza strampalate irregolarità linguistiche: in realtà, sono nello stesso tempo il sintomo e la conseguenza di cambiamenti profondi negli stili cognitivi, nella percezione della realtà, nel sistema delle relazioni interpersonali.”

Per affrontare al meglio l’interpretazione e la traduzione della lingua dei giovani, è quindi fondamentale acquisire una competenza sociolinguistica – ossia l’istintivo adattamento al registro e allo stile di un interlocutore –, oggi divenuta essenziale. Questo è possibile già dagli anni Ottanta, grazie all’introduzione della linguistica delle varietà nei programmi scolastici, che ha avuto il merito di valorizzare le varietà (diastratiche, diatopiche, diamesiche e diafasiche) invece di reprimerle nell’ottica del raggiungimento di uno standard ideale. Per un traduttore, la consapevolezza di queste dinamiche, in altre parole, la competenza metalinguistica, contribuirà a fare la differenza nel suo lavoro. Per chi fosse interessato a lanciarsi nel settore della traduzione narrativa, il miglior modo di acquisire le competenze sintattiche e lessicali adeguate a tradurre il linguaggio giovanile è quello di rifarsi alla narrativa italiana contemporanea. Ma oltre alla lettura dei giovani autori odierni è sicuramente utile fare appiglio alle teorie che linguisti come Giuseppe Antonelli, Gian Luigi Beccaria, Gaetano Berruto, Andrea De Benedetti, Pier Vincenzo Mengaldo, Luca Serianni, Pietro Trifone hanno dedicato al neo-standard, al parlato colloquiale, a come cambia l’uso dei tempi verbali, agli apporti dell’italiano regionale alla lingua di ogni giorno.

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