Keith Chen (TED Talk: Could your language affect your ability to save money?) è un economista, ma si interessa anche di linguistica. Come fa notare Chen, in cinese, dire “questo è mio zio” non è così chiaro come può sembrare. L’interlocutore, infatti, è costretto a includere altre informazioni su questo zio: se si tratta di uno zio materno o paterno, se è di sangue o acquisito, se è il fratello del padre, se è più giovane o più vecchio del padre.

“Sono tutte informazioni obbligatorie; in cinese non è permesso ignorarle”, dice Chen. “Se voglio parlare correttamente, in cinese sono obbligato a prendere in considerazione tutto ciò”.

Prendendo spunto da questa osservazione, Chen si è chiesto se esiste un collegamento tra la lingua e il modo in cui pensiamo e ci comportiamo, concentrandosi in particolare su come una lingua possa condizionare le nostre decisioni economiche. È così che ha progettato uno studio per analizzare la correlazione tra una lingua e la capacità di mettere da parte dei risparmi per il futuro. Secondo le sue osservazioni, la correlazione c’è ed è anche evidente.

Alcune lingue, come l’inglese, prevedono l’uso del futuro, distinguendo tra passato, presente e futuro; altre lingue, come il cinese, usano le stesse formulazioni per descrivere eventi passati, presenti e futuri.
Grazie a una grande quantità di dati, analizzati meticolosamente, Chen ha constatato come questa discrepanza linguistica sia accompagnata da grandi differenze dal punto di vista economico. Nelle lingue che non usano il futuro, è stata riscontrata una tendenza al risparmio maggiore del 30% rispetto alle lingue che usano il futuro, che giunti al momento del pensionamento, a parità di reddito, si traduce in un 25% di risparmi in più. Secondo Chen, quando parliamo del futuro come un tempo distinto dal presente, lo percepiamo con maggiore distanza e siamo meno motivati a risparmiare per guadagnarci un benessere economico negli anni a venire.

Ma le scoperte continuano. Esiste una vasta quantità di ricerche sulla correlazione del linguaggio con psicologia e comportamento. Ecco alcuni affascinanti esempi:

Pormpuraaw e orientamento

Nella comunità aborigena australiana di Pormpuraaw, invece di usare i concetti di “destra” e “sinistra” per indicare un oggetto nello spazio, si usano i punti cardinali (nord, sud, ovest, est). In un articolo pubblicato sul Wall Street Journal, la professoressa di psicologia Lera Boroditsky, esperta in relazioni lingua-cultura, spiega che circa un terzo delle lingue di tutto il mondo usa questi termini assoluti per identificare le posizioni nello spazio. “Grazie a questo costante allenamento linguistico”, scrive la professoressa, “i parlanti possiedono una spiccata capacità di orientarsi e tracciare la loro posizione, anche in ambienti nuovi e sconosciuti”. Durante un viaggio in Australia, la professoressa Boroditsky e la sua collega, hanno notato come gli abitanti di Pormpuraaw (la cui lingua è il kuuk thaayorre) riescono a distinguere istintivamente il punto cardinale verso cui sono rivolti. Non solo: chiedendogli di sistemare una serie di fotografie secondo un ordine temporale, le ordinano sempre da est verso ovest.

Anglofoni e senso di colpa

Nello stesso articolo, la professoressa nota come in inglese si dica spesso che qualcuno ha rotto un vaso, anche se è stato un incidente, al contrario di spagnolo e giapponese, in cui si tende a dire che il vaso si è rotto. La Boroditsky parla anche di uno studio di una sua studentessa, Caitlin Fausey, in cui si è notato come, a seguito della visione di un video, gli anglofoni tendessero maggiormente a ricordare chi avesse accidentalmente fatto scoppiare un palloncino, rotto uova o rovesciato dei liquidi rispetto ai parlanti spagnoli e giapponesi. Secondo la Boroditsky, tutta questa attenzione sull’agente nella grammatica inglese è correlata alla tendenza del sistema giudiziario a punire i trasgressori invece che risarcire le vittime.

Russi, zuñi e colori

Come fa notare Chen in un articolo in cui presenta la sua ricerca, la capacità di distinguere i colori è condizionata dal modo in cui sono indicati e descritti. Secondo uno studio del 1954, la lingua della popolazione degli zuñi non prevede una distinzione tra giallo e arancione. Di conseguenza, per questa popolazione non è facile distinguere i due colori. Al contrario, in russo esistono due parole differenti per il blu chiaro (goluboy) e il blu scuro (siniy); secondo uno studio del 2007, i russi sono più bravi degli anglofoni a distinguere i due colori e le relative sfumature.

Il genere in finlandese ed ebraico

Come scrive la professoressa Boroditsky su Scientific American, nella lingua ebraica, le differenze di genere sono ovunque, mentre nella lingua finlandese sono totalmente assenti. E questo condiziona il modo di pensare. Uno studio condotto negli anni ‘80 ha dimostrato che i bambini cresciuti parlando ebraico scoprono il proprio genere un anno prima dei bambini che parlano finlandese. L’inglese, invece, si posiziona più o meno a metà strada tra queste due lingue.

 

Questo articolo è stato tradotto da Umberto Pavano
Fonte: Ideas @Ted.com

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