Conoscere la valenza glottodidattica della traduzione sarebbe estremamente utile ai fini dell’approfondimento di questa disciplina e dei meccanismi che la regolano. In tale prospettiva, infatti, non conta il prodotto della traduzione bensì i processi, “che fanno crescere competenza e metacompetenza nei discenti, indipendentemente dai prodotti generati da tali processi” (Balboni 2008b: 177).

Paz afferma che “imparare a parlare vuol dire imparare a tradurre; quando il bambino domanda alla madre il significato di questa o quella parola, ciò che realmente le chiede è che traduca nel suo linguaggio il termine sconosciuto” (in Nergaard 2007: 283). Una visione di questo tipo ci porta a vedere la traduzione come un tutt’uno con le altre scienze del linguaggio e non come la disciplina a sé che la studia, ovvero la traduttologia[1]. È nell’ambito di quest’ultima che studiamo e lavoriamo ed è nella sua “totalità”[2] che spesso non riusciamo ad approfondire aspetti importanti come quello glottodidattico. E ad aggravare questa confusione di fondo ha certamente contribuito l’approccio formalistico (o grammatico-traduttivo) diffuso in passato. A tale proposito, Balboni ricorda che “l’uso della traduzione che i formalisti hanno fatto per secoli nella didattica delle lingue straniere e continuano spesso a fare in quelle classiche è perverso […]: hanno lavorato […] all’intelligenza logico-matematica anziché a quella linguistica” (2008b: 177), imponendo agli studenti una delle attività più complesse di uso di una lingua, abituandoli a produrre lingua straniera traducendo dalla lingua madre e disabituandoli all’utilizzo di strategie di aggiramento dell’ostacolo altrimenti fondamentali per la comunicazione. Tralasciando però l’eterna diatriba sul prodotto-traduzione (troppo scolastica, letterale, libera ecc.) e la “diffamazione” che questa tecnica ha subito nell’ambito della didattica delle lingue, è molto interessante evidenziarne i meriti di matrice metalinguistica, metaculturale ed ermeneutica.

Partendo dal presupposto che la traduzione serve a studenti avanzati, dal livello B2 in poi (cfr. Balboni 2008a), e che il suo utilizzo come strumento di valutazione non è attendibile (trattandosi, appunto, di un’attività composita, caratterizzata da troppe variabili), la sua valenza glottodidattica risiede nel contributo che questa attività può dare alla competenza metalinguistica, ossia alla capacità di analizzare la lingua e spiegarne le implicazioni lessicali, sintattiche, grammaticali. Essa non può prescindere, infatti, da un’intrinseca analisi del testo che muove dalla globalità alla fase di analisi (cfr. Balboni 2008b), né dalla scoperta induttiva della lingua straniera e della lingua madre[3]. Accanto agli strumenti metalinguistico ed ermeneutico, inoltre, la traduzione utilizza quello dell’analisi e della comparazione socio-pragma-culturale, dal momento che lo studente (o il professionista), come non mai, è posto di fronte all’alterità culturale e al compito di dover comprendere e trasporre un testo della cultura emittente in un metatesto (o testo della cultura ricevente) equivalente.

Note:
[1] La traduttologia (o scienza della traduzione) è la “disciplina che studia i problemi specifici della traduzione – intralinguistica, interlinguistica, intersemiotica, intertestuale, metatestuale, extratestuale, intratestuale – senza separare la teoria dalla pratica. […] Attinge alla critica testuale, all’ermeneutica, all’estetica filosofica, alla filologia, alla linguistica, alla poetica, alla semiotica” (Osimo 2004: 233).
[2] Con questa definizione si fa riferimento alla concezione di “traduzione totale” di Peeter Torop (2009).
[3] Nell’esperienza quotidiana di Eurologos Milano, la riflessione sulla lingua indotta dal confronto quotidiano con l’italiano, nostra lingua madre, ne è un esempio (dalle più semplici – ma spesso ignorate – norme redazionali al problema dello stile e del registro più adatti per un determinato argomento, fino al confronto costante con le irregolarità e le ambiguità insite nella lingua di partenza e in quella di arrivo).

 

Bibliografia
Balboni, P.E. (2008a), Le sfide di Babele: insegnare le lingue nelle società complesse, UTET Università, Torino.
Balboni, P.E. (2008b), Fare Educazione Linguistica, UTET Università, Torino.
Osimo, B. (2004), Manuale del traduttore, Hoepli, Milano.
Paz, O. (1970), Traducción, literatura y literalidad, trad. it. “Traduzione, letteratura e letteralità”, in Nergaard, S. (a cura di), Teorie contemporanee della traduzione, Bompiani, Milano, 20073: 283-297.
Torop, P. (2009), La traduzione totale, a cura di Bruno Osimo, Hoepli, Milano.

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