Tradurre le parolacce non è facile e spesso si rischia di perdere una parte del significato nel processo.
Alcune parolacce sono così volgari da avere un significato evidente, ma altre possono risultare difficilmente traducibili nella lingua target. A volte il risultato è ridicolo più che offensivo, anche se nella lingua d’origine si tratta di termini tutt’altro che innocui. Oppure alcune parole possono essere tabù in una lingua, e quindi utilizzate raramente e solo dai personaggi più cattivi, mentre in un’altra risultano poco più che insulti blandi. Ad esempio, “per diavolo!” è una delle imprecazioni peggiori in danese, mentre in italiano risulta un insulto vecchio stampo abbastanza ridicolo.
La sfida del traduttore in questo caso è rendere i dialoghi credibili.
Ecco alcuni esempi di traduzione poco credibile:
- “Porta il tuo culo fuori da qui” (traduzione di get your ass out of here; è una frase che, nella versione italiana, ultimamente si sente spesso anche nei telefilm, ma non nella vita reale)
- “Sei pieno di merda” (da you’re full of shit, insulto che si usa per affermare che l’altro sta mentendo)
Da questi esempi si nota lo scarso risultato che si ottiene traducendo una frase in modo letterale: si tratta del metodo meno efficace e dovrebbe essere evitato.
Ecco le strategie più comuni per ovviare a questo problema:
Trovare l’equivalente della parola nella lingua target
È il metodo più efficace ma non sempre può essere usato. Spesso le parolacce hanno origini culturali differenti e non sempre si possono rendere fedelmente.
Riformulare la frase.
Permette di evitare la parola in questione rielaborando l’intero periodo. In questo caso, il rischio è quello di non essere fedeli al testo originale.
In generale, in quanto traduttori conveniamo sul fatto che sia sbagliato omettere le imprecazioni basandosi sull’etica o la morale. Anzi, è nel nostro interesse fornire una traduzione fedele. Tuttavia i traduttori di certi Paesi potrebbero dover far fronte alla censura, vedendosi costretti a scegliere tra una traduzione fedele e un adattamento che rispecchi i modelli di linguaggio della lingua target. Per esempio, nel caso delle traduzioni verso il giapponese, l’uso delle parolacce potrebbe influire sullo scorrere della traduzione. Questo perché nelle lingue latine e in inglese le parolacce vengono usate anche per esprimere le proprie emozioni, mentre in giapponese non vi si ricorre così spesso, quindi il loro uso risulterebbe ingiustificato nella maggior parte dei contesti.
Anche il contrario è valido, ovviamente. Traducendo dal giapponese allo spagnolo ci si può ritrovare a dover aggiungere delle parolacce non presenti nel testo originale al fine di trasmettere lo stesso tono in spagnolo rispetto all’originale giapponese.
Come al solito la chiave sta tutta nella localizzazione, un processo che deve essere fatto con cura e possibilmente da un traduttore madrelingua nella lingua target. Un servizio che Eurologos-Milano offre orgogliosamente da vent’anni. Scopri di più qui.