In queste settimane di freddo intenso, con mezza Italia imbiancata e congelata, la colonna sonora ideale arriva dall’Islanda, paese che di temperature glaciali ne sa un bel po’. Passeggiando ben coperti per i parchi cittadini, sui sentieri di montagna e di campagna o anche scrutando un mare d’inverno, mettetevi in cuffia le 8 lunghe tracce che compongono il terzo album dei Sigur Rós.

( ) 20th Anniversary Edition – Sigur Rós, 2022

Un album, forse il più minimale e misterioso del gruppo musicale di Reykjavík, che ha da poco compiuto 20 anni.

Pubblicato nell’ottobre del 2002, rimane un esperimento creativo estremo per tanti versi: nessun titolo (se non una parentesi che si apre e si chiude rimanendo vuota), nessuna informazione, nessun disegno (o quasi) sul booklet, addirittura nessuna lingua in cui esprimersi.

Quest’ultima scelta è ovviamente quella che ci appassiona di più: il cantante Jón Birgisson utilizza la voce come fosse un altro strumento musicale, usando suoni che sembrano insensati. In realtà, la scelta è tutt’altro che improvvisata: i Sigur Rós propongono infatti una lingua nuova, artificiale, da loro inventata, il Vonlenska, tradotto in inglese con il termine “hopelandic”. Letteralmente, in lingua italiana, esso diventerebbe “speranzese”, ossia “lingua della speranza” (“Von” in islandese significa speranza).

Una lingua inventata

Il Vonlenska non è una lingua vera e propria, poiché non ha né una grammatica né un vocabolario, ma consiste di sillabe radicalmente inventate, senza un significato preciso. Le stesse sillabe vengono scelte sulla base della loro musicalità e la capacità di incastrarsi nella melodia e renderla godibile.

Lo scopo non è quello di formare un testo di senso compiuto ma di esprimere, con i soli suoni, concetti ed emozioni non ugualmente esemplificabili con parole conosciute.

Una sperimentazione molto interessante che produce sonorità nuove e ipnotiche, pur avendo indubbie influenze musicali, dalla psichedelia dei primi Pink Floyd ai più recenti Radiohead.

Ma i Sigur Ròs sono originali, molto ispirati.

Il disco si divide in due parti, con un lungo inframezzo vuoto (un’altra “parentesi” silenziosa di circa 40 secondi). La prima parte del disco è più speranzosa e lieve, la seconda più cupa e malinconica.

Nella terza traccia, al pianoforte, suona Björk, regina della musica islandese.

Buon ascolto.

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