In tutto il mondo, i membri delle culture indigene hanno le proprie lingue parlate e scritte – lingue che hanno sviluppato per esprimerei propri valori e credenze, le proprie esperienze e la loro visione del mondo. Ciò che hanno scritto collettivamente in queste lingue è la registrazione della loro identità culturale: testi spirituali, documenti storici, lettere tra familiari, documenti legali e poesie. In molti paesi, tuttavia, le lingue minoritarie non sono ufficiali, ma al contrario represse, ignorate o addirittura rese illegali. Ai bambini vengono insegnate esclusivamente le lingue ufficiali del paese, che spesso riescono a malapena a capire e non usano affatto nella loro quotidianità; gli adulti sono obbligati a parlare una seconda o persino una terza lingua per ottenere servizi sociali o giuridici.
Negando ai membri di una minoranza culturale il diritto di leggere, scrivere e parlare nella propria lingua madre li definisce come inferiori e poco importanti e li rende vulnerabili, emarginati e suscettibili di abusi. Tali culture spesso affrontano l’oppressione economica, sanitaria, ambientale e della giustizia criminale.
(Van Wormer & Link, 2016)
Proteggere le lingue e gli alfabeti in via di estinzione è una questione di diritti umani.
L’UNESCO ha dichiarato il 2019 l’Anno Internazionale delle Lingue Indigene, e noi di Eurologos abbiamo deciso di contribuirvi pubblicando ogni settimana su Facebook un focus su una di queste lingue. La nostra fonte è l’Atlas of Endangered Alphabets, il cui obiettivo è quello di raccogliere gli alfabeti di culture indigene e minoritarie che rischiano di perdere il proprio senso della storia e della propria identità. Proteggere, preservare e / o far rivivere il loro sistema di scrittura è un modo per permettere ai popoli indigeni di riconnettersi al loro passato, alla loro dignità, e al loro futuro. L’articolo 13 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene afferma: “I popoli indigeni hanno il diritto di rivitalizzare, utilizzare, sviluppare e trasmettere alle generazioni future le loro storie, lingue, tradizioni orali, filosofie, scrivendo sistemi e letterature e designando e conservando i propri nomi per comunità, luoghi e persone.”
L’autore dell’Atlante degli alfabeti in via di estinzione precisa che una cultura orale non è assolutamente inferiore o più primitiva di una che usa la scrittura. Inoltre, prendere il linguaggio da una cultura orale e scriverlo – o ritagliarlo, o renderlo più visibile – non lo rende più legittimo. È un atto di traduzione, ma considerarlo come un atto di legittimazione è fare ipotesi pericolose e irrispettose.