La preservazione della lingua italiana è un argomento tornato d’attualità negli ultimi mesi. Contro le storpiature e gli inglesismi denunciati dall’Accademia della Crusca, si sono schierati numerosi giornalisti, intellettuali e buona parte del popolo italiano. Al grido d’allarme lanciato lo scorso febbraio, è seguita la petizione online “dillo in italiano”, supportata anche da Internazionale e firmata da quasi settantamila persone. Il dibattito è ancora vivo. Per farsene un’idea basta guardare il numero di tweet contenenti l’hashtag #dilloinitaliano.
Anche sulla pagina Facebook di Eurologos alcuni di voi hanno reagito positivamente all’iniziativa dell’Accademia della Crusca. Ma qui in ufficio a Eurlogos Milano siamo divisi. C’è chi fa dell’italiano corretto il suo cavallo di battaglia: penso a Marika e Umberto, il nostro grammar policeman (o poliziotto della grammatica). Ma c’è anche chi adotta volentieri tutti gli spunti offerti dalla lingua inglese, come la sottoscritta ad esempio. Occupandomi di marketing e avendo vissuto per un periodo in un paese anglofono, faccio quotidianamente inorridire i miei colleghi con gli anglicismi più agghiaccianti: forwardare, schedulare, deliberare, croppare, sharare e chi più ne ha più ne metta. La lingua sta sicuramente cambiando e non è facile predire chi avrà la meglio tra i cultori dell’italiano e gli sboccati come me. Quel che è certo è che in Europa non siamo gli unici a porci il problema. In Francia, terra del protezionismo linguistico per antonomasia, il ministro della cultura Fleur Pellerin ha recentemente dichiarato che:
“Il francese non è congelato. I linguaggi si evolvono continuamente. Alcuni, come l’inglese oggi o l’italiano nel passato, sono stati particolarmente generosi nell’offrirci centinaia di parole. Il francese non è in pericolo e la mia responsabilità come ministro non è quella di alzare barriere contro le lingue ma di dare la possibilità ai cittadini di usufruirne come vogliono”.
Questa dichiarazione, arrivata dal rappresentate di un Paese che ha sempre fatto del franco-français il suo cavallo di battaglia linguistico, risulta particolarmente significativa. I termini tuttora in uso in francese per evitare gli inglesismi sono ancora molti:
- Ordinateur – invece di computer
- Courriel – al posto di email
- Logiciel – per software
- Page d’accueil – in sostituzione di homepage, e anche accueil – per reception
- Foire Aux Questions – la “fiera delle domande” che ha lo stesso acronimo di Frequently Asked Questions
- Souris – traduzione letterale di mouse
- Téléchargement – invece di download
- Numérique – per indicare il digitale
- Disquette – che definiva i vecchi floppy disk
- Disque dur – al posto di hard disk
Non è facile prevedere come si evolverà questo dibattito internazionale sul protezionismo linguistico, ma quel che è certo è che restare immuni alle influenze linguistiche straniere è molto difficile. Per esempio, vi siete mai chiesti quanti francesismi usiamo nell’italiano corrente? Questo affascinante corto di Simone Rovellini ce ne dà un’idea. Dedicategli due minuti e poi fateci sapere se siete ancora così sicuri che la minaccia più grande per la lingua italiana siano gli inglesismi.