Vi siete mai chiesti se la lingua dei segni (quella utilizzata dalle persone non udenti e/o mute) sia la stessa in tutto il mondo?

La risposta è no! Al mondo co-esistono circa trecento lingue dei segni. Si tratta di un numero variabile in quanto nuove lingue dei segni emergono continuamente in seguito a processi di creolizzazione e creazione ex novo. In alcuni paesi, come lo Sri Lanka e la Tanzania, ogni scuola per non udenti utilizza la propria lingua dei segni. In altre zone del mondo, più paesi condividono la stessa lingua dei segni come ad esempio Serbia e Croazia o India e Pakistan. Le lingue dei segni possono nascere spontaneamente anche al di fuori del sistema scolastico, come ad esempio in alcune comunità sordo-mute di villaggi con alti livelli di sordità congenita. Esistono anche lingue dei segni parlate dai normo-udenti, come le lingue-tabù parlate da alcune tribù di aborigeni australiani.

In Italia, la lingua dei segni comunemente utilizzata è la LIS (Lingua dei Segni Italiana). Si tratta di una lingua esistita per secoli, anche se le prime ricerche linguistiche a riguardo sono state avviate solo a partire dagli anni ’60.

Ma perché esistono lingue dei segni diverse? Non sarebbe più semplice comunicare se ne esistesse solo una? Questa domanda avrebbe senso se la lingua dei segni fosse un sistema inventato a priori e poi insegnato ai non udenti come dispositivo di assistenza. Ma le lingue dei segni, come le lingue parlate, si sono sviluppate in modo naturale in gruppi di persone che interagiscono tra loro.

Nel giro di qualche generazione, i linguaggi improvvisati possono formalizzarsi in linguaggi codificati

Per esempio, nel 1980 è stata aperta la prima scuola nicaraguense per sordi. Gli studenti vivevano isolati, scarsamente in contatto con altre persone non udenti. Quando la scuola ha aperto, ognuno ha partecipato alla creazione di una lingua comune contribuendo con i gesti utilizzati a casa. La seconda generazione di studenti ha poi proceduto a regolamentare la lingua, stabilendo norme per l’accordo verbale e altri elementi grammaticali coerenti. Nel tempo si è affermato un sistema linguistico a tutti gli effetti, l’ISN o Idioma de Señas de Nicaragua.

La lingua dei segni non rappresenta la lingua parlata

Poiché le lingue dei segni si sviluppano all’interno delle comunità di non udenti, possono essere indipendenti dalla lingua parlata del paese. L’American Sign Language (ASL) è infatti molto diversa dalla British Sign Language (BSL), nonostante in entrambi i paesi si parli inglese. Detto questo, esiste un contatto tra la lingua dei segni e la lingua parlata (le persone sorde leggono e scrivono o leggono le labbra nella lingua parlata nel proprio paese), e le lingue dei segni riflettono questo contatto.

Le lingue dei segni hanno una propria grammatica e sintassi che va rispettata per ottenere una comunicazione efficace. Le fasi dell’acquisizione della lingua dei segni nei bambini sono le stesse della lingua parlata. I bambini iniziano “balbettando” con le mani. Quando iniziano a produrre parole, i bambini passano da quelle più semplici a quelle più specifiche, collegando i segni per formare frasi semplici. Solo in un secondo momento i bambini apprenderanno tutte le regole grammaticali e sintattiche.

I danni cerebrali influenzano la lingua dei segni nello stesso modo in cui influenzano la lingua parlata

A causa di un ictus o una lesione cerebrale, è possibile perdere la capacità di esprimersi con la lingua dei segni. Si può essere in grado di produrre segni, ma non di metterli in ordine correttamente dal punto di vista grammaticale. Oppure la persona può essere in grado di produrre frasi, ma con i segni formati in modo errato, dando vita a uno strano accento. Proprio come i parlanti, una persona non udente colpita da ictus rischia di comunicare nella lingua dei segni rapidamente e facilmente, ma senza produrre discorsi di senso compiuto.

La lingua dei segni non è l’unica forma di comunicazione non verbale. Scopri i nostri approfondimenti sul linguaggio del corpo.

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